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17 marzo 2015

Di Alberto in: Proposte

Novità sul “Diario postumo”


Si propone qui una serie di nuove considerazioni sul “Diario postumo”, con l’indicazione di documenti inediti che contraddicono fortemente le ricostruzioni proposte da Annalisa Cima. Da segnalare anche la Lettera aperta alla stessa Cima, sottoscritta da oltre 120 studiosi e pubblicata sul sito “Le parole e le cose” .

 

Alberto Casadei

Come ha lavorato la Cima: nuovi documenti e alcune ipotesi

Alberto.Casadei@unipi.it

Dopo l’uscita del libro di Federico Condello, ricerche condotte presso presso il Centro Apice dell’Università di Milano, Archivio Vanni Scheiwiller (d’ora in poi: “Archivio Scheiwiller – Apice”)  mi hanno consentito di verificare la situazione editoriale di molti testi pubblicati dall’editore del Pesce d’oro, con la curatela o almeno con l’intervento di Annalisa Cima: su ciò mi sono soffermato soprattutto nell’articolo Ancora sul “Diario postumo” di Eugenio Montale[1]. Tuttavia, dopo ulteriori indagini, sono emersi alcuni documenti degni di una considerazione specifica, pur nei limiti consentiti alla divulgazione e pubblicazione.

In primo luogo, si segnala che in un faldone dalla numerazione provvisoria (il materiale non è ancora stato inventariato definitivamente) 5991 sono conservati tutti i documenti relativi a quello che lo stesso Scheiwiller, in alcuni suoi appunti, indica come “L’affaire Montale”. In sostanza, dalla documentazione pervenutaci si ricava che, almeno dal 1983-84, Annalisa Cima ha pensato di raccogliere materiali in suo possesso relativi a Eugenio Montale, in modo da produrre un libro che ha preso corpo nel corso del 1985, come vedremo meglio. Ma tra la fine di quell’anno e l’inizio del 1986 la Cima invece cambia improvvisamente parere e avvia i preparativi per l’edizione autonoma delle prime sei poesie del futuro Diario postumo, peraltro relegando in secondo piano, a partire dalla fine del 1986, l’editore del Pesce d’oro, al quale si era fino a quel momento appoggiata. Ciò produsse un progressivo allontanamento fra i due, che sfociò in una momentanea rottura, con scambi di lettere scritte da avvocati, fra la fine del 1987 e l’inizio del 1988: di questa situazione, restano numerose attestazioni documentarie, che non saranno però qui esaminate in dettaglio, perché in nulla riguardano i materiali relativi al periodo antecedente, e in particolare al 1984-86, su cui mi concentrerò[2].

Occorre però fare un passo indietro, dato che nel faldone 5991 dell’Archivio Scheiwiller – Apice sono conservate, in una cartellina provvisoria, numerose brochures con gli Statuti della Fondazione Schlesinger sin dalla sua costituzione, avvenuta il 18 dicembre 1978 a Milano, con atto del Notaio Paolo Sala (n. 10835 di Repertorio). Questa prima versione dello Statuto, stampata in elegante formato grazie all’impegno di Scheiwiller, contiene alcune importanti informazioni. Innanzitutto, la “Libera associazione”, costituita ai sensi dell’art. 36 e seguenti del Codice Civile, aveva sede in piazza Argentina 3 a Milano, allora dimora di Annalisa Cima; i suoi propositi erano di divulgare la cultura italiana in vari modi e sotto diversi aspetti; il primo Consiglio Direttivo era formato, si legge a p. 2 n.n., da Sante Achilli, Annalisa Cima, Allen Mandelbaum, Cesare Segre, Filippo Tamborini. E subito dopo si legge che “in deroga all’art. 13 dello Statuto Sociale che demanda al Consiglio la nomina del Presidente e del Vice Presidente, i sottoscritti [cioè i membri del Consiglio Direttivo] nominano Presidente la signora Annalisa Cima, vita natural durante” (p. 3 n.n.). Tale Statuto venne modficato il 25 giugno 1982 dall’avvocato Federico Guasti in vista dello spostamento della sede principale a New York, e fu poi sostanzialmente ripreso nella versione definitiva della Fondazione, quella con sede a Lugano a partire dal 4 luglio 1985, ma più esattamente, ancora una volta, presso la dimora di Annalisa Cima a Castagnola di Lugano, via S. Giorgio 22, come si evince dalla nuova e sempre più elegante brochure dello Statuto dell’Associazione-Fondazione, sicuramente stampata per conto di Scheiwiller (di essa sono conservate varie bozze)[3].

Da quest’ultima si ricava che, nel 1986, la nuovissima Fondazione aveva come sempre alla Presidenza Annalisa Cima, come suo Vice Cesare Segre, come Direttore editoriale Vanni Scheiwiller, e vantava un ampio Comitato scientifico con 35 membri da Manuel Alvar ad Andrea Zanzotto. Si viene poi a sapere che, dal 1978 al 1981, Presidente ad honorem era stato Eugenio Montale, il quale peraltro non compariva in nessun modo nei documenti relativi alla costituzione milanese della Fondazione: la notizia è quindi al momento priva di conferma oggettiva. Ma di Montale la Fondazione si propone di pubblicare (cfr. p. 14 della brochure), nella collana “Occasioni”, in coedizione fra Vanni Scheiwiller e la Schlesinger stessa (con copywright di quest’ultima), una serie di volumi a cura di Annalisa Cima, con prefazioni di Cesare Segre, sotto il titolo complessivo Tredici anni di amicizia con Montale: il primo volume sarebbe stato quello delle Poesie, il secondo quello delle Prose, il terzo quello di Conversazioni. Un progetto davvero ambizioso che in effetti non poté avere seguito per i vincoli emersi con la Mondadori.

Tuttavia, i materiali disponibili ci raccontano alcuni retroscena. Infatti, come si è accennato, nella cartellina 5 sono conservate le bozze della brochure, e per la collana “Occasioni” non compare affatto questa ambiziosa programmazione, bensì solo il titolo di un volume, appunto Tredici anni di amicizia con Montale. Un titolo che ben si adatterebbe a una serie di ricordi strettamente legati ai rapporti biografici (non a caso è diventato il sottotitolo del volume della Cima Le occasioni del “Diario postumo”, uscito per la milanese Ares nel 2012): e così sembra proprio che dovesse essere. Nella cartellina 7, il documento 4 è una lettera della Cima a Vanni datata 4 agosto 1984, nella quale si parla di ipotesi di lavoro da vagliare, prima di tutte una relativa “al Montale”. Si dovrebbe trattare di un progetto che aveva già lasciato una traccia nel 1983, quando in un altro catalogo delle future edizioni Scheiwiller si preannunciava un “Cima-Montale: Montale il demistificatore” (cfr. cart. 9, doc. 10); ma non si doveva essere concretizzato nulla, visto che né per il 1983, né per il 1984 viene rilanciata l’indicazione.

Ma nel 1985 le cose cambiano. Nella cartellina 13, il documento siglato come 31 è costituito da un foglio di quaderno o bloc notes formato A4, a quadretti, sul quale Vanni stende un sommario per un “Nuovo libro montaliano”, evidentemente concordato con la Cima e datato in alto a destra “Lugano, 18/5/1985”. Il titolo è ancora provvisorio (“Dieci anni di conversazioni con Montale” o altri equivalenti), ma il contenuto è abbastanza definito: sebbene l’autrice desiderasse 12 piccoli volumetti (forse 12 plaquette collegate a 12 testi?), si sarebbe trattato di un volume unico diviso in 12 capitoli, con Prefazione di Cesare Segre, contenente ricordi, memorie, appunti e registrazioni, sia pure “da specificare”. La trattazione doveva essere “cronologica con squarci retrospettivi”. Di sicuro sarebbe stato necessario trascrivere integralmente una decina di registrazioni, mentre, come corredo iconografico, sarebbero stati disponibili, fra l’altro, due manoscritti delle “poesiole scherzose”, “qualche bigliettino se il caso” e la versione a quattro mani delle poesie di Emily Dickinson. Come si vede, a quest’altezza non solo non si parla del progetto di una grande edizione postuma, ma non ci sono segnali delle poesie del Diario, che non potevano essere ridotte a “poesiole scherzose”, oltretutto riprodotte nel numero di un paio al massimo.

Su questa base, continuano nel corso del 1985 le trattative, che ci sono testimoniate da alcune lettere della Cima. La prima, del 29 ottobre 1985 (cart. 19, doc. 45), è indirizzata alla moglie di Vanni, Alina Kalczyńska, e in essa, dopo una lunga premessa sul valore dell’amicizia, la Cima ricorda il progetto del volume di Montale “da far uscire tra due anni”, però da programmare subito, magari per una collana con Garzanti. Dovrebbero essere trascritte le registrazioni, richieste anche dalla Gina, ma invece da pubblicare con Vanni, al quale la Cima stessa fornirebbe i dattiloscritti. Segue un’altra lettera del 22 novembre (cart. 22), su due foglietti di carta dell’Hotel Eden du Lac di Zurigo, nella quale si sostiene che “il Montale” non sarebbe stato dato ad altri, mentre in una del 30 dicembre (cart. 20, doc. 50) si accenna velocemente a una futura “mostra montaliana”, forse da organizzare a New York, dove la Cima avrebbe dovuto parlare anche di alcuni inediti del poeta nell’estate del 1986.

Tutto ciò sembra dimostrare in maniera sufficientemente chiara che, sino alla fine del 1985, non c’era alcuna certezza sul progetto del Diario postumo, mentre vari inediti, soprattutto sbobinature di conversazioni registrate, sono più volte segnalati come disponibili e di imminente invio. È allora un’ipotesi plausibile, e compatibile con tutti i dati attualmente in nostro possesso, che la Cima abbia davvero cominciato a trascrivere quei materiali notando che, come ci è testimoniato da più parti, dalle parole di Montale si potevano ricavare versi e immagini, al punto da riuscire a formare, con opportune integrazioni, un ben più cospicuo gruppo di testi, rispetto alle poche “poesiole scherzose” esistenti nel maggio del 1985. Né si può ipotizzare che la Cima continuasse a nascondere il materiale del Diario postumo, appunto perché in un primo tempo, sino all’ottobre del 1986, per la possibile pubblicazione si appoggiò sempre a Scheiwiller, nominato direttore editoriale della Fondazione: non avrebbe avuto senso occultare proprio questo importantissimo testo a chi lo avrebbe dovuto pubblicare poco dopo. Tutto ciò contrasta con varie affermazioni della Cima, e in ogni caso non pare che siano attestati tentativi di accordi con la Mondadori antecedenti agli ultimi mesi del 1986[4].

Ma dopo il ‘boom’ dell’autunno del 1986, con l’uscita ufficiale, il 10 ottobre, delle prime sei poesie montaliane inedite, cominciarono i contrasti con Vanni, che ripetutamente scrive nei suoi appunti (cartelline “Affaire Montale” e “Questioni legali A. Cima”) di non aver mai ricevuto quasi nulla dei numerosi materiali promessi (soprattutto degli originali) e di voler rompere con la Cima per le sue inadempienze. Si spinge persino a raccogliere i ritagli di giornali relativi alle polemiche scatenate dall’intervento negativo di Giovanni Raboni[5]. In seguito i rapporti torneranno a essere più distesi tanto che, come sappiamo, Vanni difese la Cima nel periodo della polemica più accesa con Dante Isella. Ma ciò non toglie che i documenti conservati raccontino una storia in cui, del Diario postumo, non c’è traccia sino al 1986, mentre ci sono tracce evidenti di materiali sparsi e incongrui.

In chiusura, però, occorre segnalare un altro documento, conservato solo in fotocopia (cart. 13, doc. 31) ma evidentemente conforme all’originale. Si tratta di una lettera che la Cima questa volta invia a “Cesare”, con ogni probabilità Segre, dall’Hotel Savoia Beeler di Nervi il 3 maggio 1981. Scrive all’inizio che alcuni suoi racconti sono stati molto apprezzati, ma dovrebbero essere integrati con altri per poter essere editi. Aggiunge poi che Montale li giudica magnifici e che le ha inviato una poesia dedicata ad Annalisa. Più avanti si legge che la Gina (Tiossi) tuona sempre a favore della Mondadori e che Montale tiene lontano Vanni, mentre la Cima stessa lo difende.

Pur nella necessità di sintetizzare anziché citare distesamente i contenuti, è evidente l’importanza dei dati che emergono. Intanto, la Cima tratta come evento in tutti i sensi eccezionale l’aver ricevuto una poesia con dedica da parte di Montale: ciò fra l’altro le impedisce di rispettare il silenzio sui testi a lei inviati, che invece il poeta, a suo dire, le avrebbe imposto costantemente. Inoltre, la Cima parlava con Montale di possibili nuove edizioni, anche allo scopo di sciogliere i rapporti con la Mondadori. Ciò accadeva circa quattro mesi prima della morte del poeta, ossia in un periodo in cui, stando alle ripetute dichiarazioni della Cima, non solo il Diario postumo era compiuto, ma erano state anche redatte tutte le lettere-legato, che avrebbero resa inutile ogni discussione. Tra l’altro, in quel periodo non dovevano praticamente più intercorrere rapporti diretti tra il Vecchio e la sua presunta ultima musa: essi infatti, sempre a detta della stessa interessata, si erano diradati dopo il 1979 e si erano conclusi, approssimativamente, entro la fine del 1980, anche se un ultimo incontro viene assegnato alla primavera del 1981[6]. Ma come è evidente, le testimonianze qui raccolte, in questo caso non mediate da terzi (giornalisti, amici o nemici ecc.), contrastano in modo netto con tutte le ricostruzioni della genesi del Diario postumo fornite dalla Cima.



[1] L’articolo è in corso di stampa sul fascicolo 1/2015 di “Italianistica”: a esso si rinvia per la bibliografia specifica. L’analisi più dettagliata della situazione testuale e paratestuale è quella condotta da Federico Condello in I filologi e gli angeli. È di Montale il “Diario postumo”?, Bologna, Bononia U.P., 2014. Per i riferimenti alla genesi ‘ufficiale’ si veda Eugenio Montale, Diario postumo. 66 poesie e altre, a cura di Annalisa Cima, Prefazione di Angelo Marchese, Testo e apparato critico di Rosanna Bettarini, Milano, Mondadori, 1996.

 

[2] Segnalo che non tratterò di altri documenti interessanti, relativi alla preparazione delle montaliane Trentadue variazioni, 32 carte sciolte di vario colore, ufficialmente stampate da Giorgio Lucini alla fine del 1972, ma di fatto preparate e spedite da Scheiwiller (la Cima è compresa nella lista dei circa 175 destinatari: Archivio Scheiwiller – Apice, Montale, Busta 4307, numerazione provvisoria). Notevoli anche i progetti della Cima già nel corso del 1981: fra l’altro, in una collana edita in collaborazione con New Directions-Fondazione Schlesinger, dovevano uscire, secondo foglietti di appunti datati 16 gennaio 1981, alcuni volumi di poeti italiani e statunitensi a confronto, fra i quali uno proposto dalla Cima su Ginsberg e Montale (Archivio Scheiwiller – Apice: Faldone 5991, cart. 4).

[3] I materiali in questione sono disponibilii in più copie principalmente nelle cartelline attualmente siglate come “Brochures”. Per la complessa vicenda della nascita della Fondazione Schlesinger si veda Condello, op. cit., pp. 40-43.

[4] Molto confusa, secondo i dati offerti dalla Cima, la fase dei contatti con la Mondadori. Di certo, per tutto il 1985 non si ha nessun segnale (e tanto meno documento) in questa direzione, il che conferma che l’unico libro montaliano in cantiere era quello proposto a Scheiwiller: cfr. Condello, op. cit., pp. 52-53, peraltro con lampanti contraddizioni fra i dati emersi e quanto affermato dalla Cima sulla conoscenza che Vanni avrebbe avuto delle nuove poesie. Si vedano anche le pp. 57-61 (con tutte le attestazioni riguardo alla priorità di Vanni quale editore delle plaquette con le nuove poesie nel 1986), e 211 ss. sulla complessa situazione delle lettere-legato, che comunque dovevano essere almeno per una metà note a partire dal 1985.

[5] Per la ricostruzione di questa fase, si veda Condello, op. cit., specie pp. 53-61. A un ritaglio del pezzo di Giovanni Raboni uscito sull’“Europeo” del 1 novembre 1986, conservato nella cartellina “Affaire”, Scheiwiller ha unito con graffatura la fotocopia di una poesiola dattiloscritta, conservata anche nel risvolto della cartellina (forse si tratta dell’originale). Ne riportiamo il testo: “Ricetta // Prendi dal nastro del registratore / nascosto nella gonna / due o tre frasi di conversazione. / A parte metti sù [sic] una fondazione / col nome della nonna / e sciogli un po’ di segre al gran calore. / Disponi il tutto in versi zoppi e rima / qua e là alla montalese; / cucina lento e servi a fette: è cima / vera alla genovese”.

[6] Per tutti questi aspetti, ancora fondamentale Condello, op. cit., pp. 47 ss., specie 51. Sarebbe significativo se, proprio in quell’ultimo incontro, la Cima avesse soprattutto parlato di nuove edizioni delle poesie montaliane, trovando peraltro seri ostacoli alle sue proposte (mentre numerose sarebbero dovute essere già le garanzie ricevute in precedenza, ancora una volta stando alle dichiarazioni dell’interessata).

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