Di Alberto in: Discussioni

La gita a Seul


Queste pagine faranno parte del volume di Alberto Casadei Letteratura e controvalori, edito da Donzelli (luglio 2014). Queste e altre proposte verranno discusse nell’ambito del festival pordenonelegge.

 

  1. Con lo scopo di individuare valori estetici non scontati, la critica artistica, e in particolare letteraria, nasce tra Sette e Ottocento. Almeno fino agli anni Settanta del XX secolo, l’intreccio di opera e poetica è sembrato indispensabile, così come il dialogo o lo scontro autore-critico. Persino la distinzione fra il versante accademico-storico-filologico e quello militante-attualizzante è stata in molti casi superata, prima in virtù di una contiguità in circoli letterari di grande autorevolezza (p.e. le Giubbe Rosse a Firenze), poi di una connessione sul terreno della teoria letteraria (p.e. durante la stagione strutturalista e semiotica).
  2. Dagli anni Ottanta del secolo scorso, il modello che rendeva ancora possibile l’individuazione di valori distinti da quelli del mercato, grazie appunto al circuito ermeneutico descritto al punto 1, è entrato in crisi. In molti hanno focalizzato solo quanto accadeva in ambito critico, soprattutto dopo la constatazione delle manchevolezze insite nei presupposti totalizzanti dello strutturalismo linguistico, ma in realtà il problema era di più ampia portata: in maniera sempre più esplicita, si è cominciata a diffondere l’opinione che la critica ufficiale non intercettava più i valori ‘autentici’, meglio individuabili sulla base del successo commerciale e dei meri contenuti affrontati.
  3. Come di consueto secondo le logiche economiche contemporanee, questo processo si è accentuato con l’avvento del web, che ha moltiplicato i centri di diffusione e di auto-valutazione delle opere, creando sì aree di dibattito critico, ma incisive esclusivamente sul destino immediato di un testo, l’unico davvero rilevante in una prospettiva present-oriented. L’immaginario collettivo ha sintetizzato questo stato di cose in una formulazione del tipo: “per il successo di un libro, vale più un passaggio alla trasmissione x o un’intervista da parte di y, che non cento recensioni autorevoli”. Sul piano del self-publishing, invece, il vendere si lega all’essere adeguatamente connesso, portando a realizzazione uno degli imperativi della condizione socio-culturale contemporanea.
  4. Di fronte a questa progressiva marginalizzazione del ruolo della critica, numerose sono state le reazioni: c’è chi ha accusato i critici stessi di tradimento e di ristrettezza di orizzonti; chi ha parlato di ‘età postcritica’ tout court, considerando la critica impossibile o inutile nel campo di forze culturale contemporaneo; chi ha stigmatizzato l’eccessiva parcellizzazione degli studi e la scarsa capacità di fornire una prospettiva di lunga durata ai giudizi. Le risposte sono state varie e spesso anche di alto profilo; tuttavia non si sono inserite, almeno in Italia, in filoni interpretativi e in poetiche davvero innovative, persino quando sono stati tenuti in considerazione i metodi e gli argomenti più dibattuti all’estero (Cultural e Gender studies, tematologia ecc.).
  5. Come qualche decennio fa era stata postulata la necessità di una gita a Chiasso, è forse adesso il momento di programmarne una a Seul (ovviamente, da intendersi come metonimia o, volendo, come simbolo). È infatti in una società estranea al mondo occidentale, nelle sue origini, ma venuta almeno dal secondo Novecento sempre più in contatto con esso, nel bene e nel male, che va misurato il grado di importanza che può oggi essere attribuito alla letteratura e alla sua interpretazione critica.
  6. I valori accertabili a Seul sono quelli della globalizzazione: un bestseller mondiale vi avrà un peso specifico altissimo; super-classici, come Dante o Shakespeare, potrebbero essere interessanti almeno per una ristretta fascia di utenti; autori da noi canonici, italiani e non, risulteranno interamente sconosciuti, e soprattutto irrilevanti. Nessuno sforzo critico e nessuna storia letteraria potranno sovvertire questa situazione, a meno che eventi esterni, paragonabili a scoop, non intervengano a modificarla.
  7. Per incidere in questo campo sociologicamente ben definito, dovremmo ricreare condizioni di prestigio (alla Bourdieu), che non si appellino a paradigmi veteroumanistici ma individuino nella tradizione e nei classici, geograficamente e culturalmente localizzati, un termine di confronto valido in una dimensione aperta e cosmopolita. In altre parole, l’analisi dell’apporto fornito da una cultura nazionale (o comunque delimitata) a quella attuale, reticolare e mondiale, deve in primo luogo mirare a comprendere quali possono essere le domande ‘universalmente umane’ (Goethe) a cui ancora si deve tentare di rispondere nell’epoca della globalizzazione imposta dai paradigmi capitalistici.