Assiomi 9 – La rete, l’identità variabile e l’inventio letteraria
Questo testo fa parte di una serie di Assiomi in parte pubblicati su Le parole e le cose. La serie completa (e integrata) verrà pubblicata nel volume Letteratura e controvalori, di prossima uscita presso l’editore Donzelli.
- Come ogni essere umano non può sopportare troppa realtà, così non può vivere senza una sintesi, sia pure mobile e cangiante di attimo in attimo, che siamo abituati a chiamare identità. Questi aspetti biologico-culturali costitutivi sono, come altri, messi in crisi dall’immersione nella rete, che in parte offre realtà virtuali, in apparenza alternative a quella corporea, in parte modifica e permette di modificare la propria identità sociale, con una facilità incomparabile rispetto al XX secolo, quello delle fughe dalle ‘gabbie d’acciaio’ oggetto di molti romanzi e film, a cominciare, in Italia, dal Fu Mattia Pascal.
- La rete web, che altri chiamano l’universo, costringe a considerare la propria unicità individuale, la propria personale personalissima identità, come parte infima di un insieme non infinito ma incontrollabile. In questo senso, la rete è la metafora virtuale e reale della globalizzazione.
- Be connected è ora un imperativo altrettanto importante di be yourself. Spesso, i due imperativi si fondono.
- “You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one. I hope someday you’ll join us. And the world will live as one” (John Lennon).
- Nello stesso tempo, il web come ammasso di contenuti, da un lato parifica il tutto con il tutto, dall’altro consente di estendere le potenzialità della mente, sino a rendere plausibile l’inglobamento di materiali in origine del tutto estranei nell’elaborato che un singolo sta preparando. Il grado zero di questo processo è quello del drag and drop, il grado eccelso la co-creazione di prodotti artistici.
- Secondo molti interpreti, la civiltà occidentale, fondata sull’espansione sempre più frenetica del principio del godimento e della (parziale) soddisfazione dei desideri, è arrivata a un punto di non ritorno: ogni dovere (morale, intellettuale, civile ecc.) è sopravanzato da un più pervasivo piacere, che porta all’uso sperequato e poi all’esaurimento delle risorse. Queste analisi non tengono però conto del fatto che ogni momento storico di ogni società umana è in realtà fatto di compresenze, di forze e controforze, di progressismo e conservatorismo: i tentativi di razionalizzare questi sistemi complessi e tendenzialmente caotici sono stati, sin dall’antichità, più che altro wishful thinking.
- Le utopie attuali devono tenere conto del fatto che l’individuo self made, in quanto figura della cultura occidentale nel suo complesso, è destinato a breve all’estinzione, almeno in quanto concetto. Già ora alcune delle sue emanazioni, come i partiti politici e i governi forti, sono state sostituite, nei fatti, da entità ibride, le governance, le banche d’affari anonime, i movimenti ‘spontanei’. La rete conferisce visibilità e potere mediatico a semplici apparizioni o a slogan collettivi.
- Tutto questo può essere letto da un versante pessimistico e nichilista, in genere frutto estremo di una cultura umanistica fondata su un supposto privilegio (la conoscenza ampia e superiore alla media come fonte di saggezza). Può invece essere l’occasione per unire la geospecificità biologica di ciascuno con quella di infiniti altri, portando a sintesi cognitive che superino davvero le limitazioni del modello solipsistico occidentale, senza abdicare alle sue prerogative migliori. Non più, quindi, i sogni di un cambiamento ingenuo (i viaggi in India, l’assunzione new age di tratti comportamentali appaganti, il fantasy come oppio dei videodipendenti ecc.), bensì un fondato tentativo di porre a confronto e di connettere gli atteggiamenti essenziali nelle varie forme del vivere attualmente sparse nel mondo.
- Ciò è realizzabile, come prototipo, nelle opere d’arte. In particolare la letteratura può diventare un nuovo laboratorio di ipotesi, utopie, mondi possibili se riuscirà a essere di nuovo la più potente forma di condensazione di immaginari cognitivi e linguistici. In altre parole, se modificherà la sua inventio da una forma astratta e pensata per il libro stampato a una reale-virtuale, pensata per una continua interazione con ogni tipo di materiale disponibile in rete.
- Una posizione come questa si scontra con il principio dell’indifferenziato come status della globalizzazione e della rete: non tanto uno vale uno, ma zero vale zero (ma alcuni accumulano più zeri degli altri). La società postindividuale potrà coincidere con un ritorno alla letteratura anonima, come quella orale pre-omerica? La co-creazione di un’opera d’arte, magari come prosecuzione collettiva di un incipit non firmato, potrà avere un impatto significativo o resterà uno degli infiniti tentativi che la nuova condizione global spingerà a produrre, concedendo al massimo qualche secondo di gloria, il tempo di un contatto, e qualche manciata di ‘mi piace’?