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1 febbraio 2013

Di Alberto in: Proposte

Schede su Dante


Queste schede, disponibili anche in Facebook alla pagina Vita di Dante, costituiscono brevi sintesi di analisi e ricerche contenute nel volume “Dante oltre la Commedia” di Alberto Casadei (il Mulino, 2013).


Scheda 1 – Il titolo del poema dantesco era davvero “Commedia”?

Molti dubbi restano sul titolo del poema dantesco: Commedia (o meglio Comedìa) sembra riferirsi solo allo stile tipico dell’Inferno. Infatti, in uno dei due passi dove compare il termine (If. XXI 2), esso è chiaramente in opposizione a Tragedìa, usato poco prima da Virgilio per indicare la sua opera (cfr. If. XX 113). Ma Dante sapeva benissimo che il titolo dell’epos virgiliano era Eneide: in entrambi i casi quindi non vuole indicare titoli ma livelli di stile e, in senso lato, di genere. Dove allora Dante avrebbe indicato il titolo definitivo? Di solito si cita l’Epistola a Cangrande, che però gli studi più recenti tornano a considerare apocrifa per le parti esegetiche. Bisogna poi notare che le prime due cantiche circolavano autonome con indicazioni come “L’Inferno di Dante”. Molto probabilmente Commedia non sarebbe stato il titolo definitivo ma, essendo morto Dante poco dopo l’ultimazione del Paradiso, i primi lettori lo scelsero, interpretando male i passi dell’Inferno in cui compare. Ma ancora Petrarca e Boccaccio, non a caso, erano molto incerti su questa titolazione.

 

Scheda 2 – L’Epistola a Cangrande è autentica?

 

Un testo in cui Dante avrebbe parlato in dettaglio della sua Commedia sarebbe la cosiddetta Epistola a Cangrande della Scala, inviata al signore di Verona assieme all’intero Paradiso. Ma molte sono le incongruenze con i dati storici: infatti, la lettera sarebbe stata spedita prima del 1319-20, ma il poema in quel periodo non era ancora concluso, come sappiamo da una dichiarazione dello stesso Dante contenuta nella prima Egloga inviata a Giovanni Del Virgilio. Inoltre, l’inizio del Paradiso va interpretato diversamente da quanto si legge nell’epistola. Insomma, molto probabilmente il testo come ci è pervenuto è l’unione di una lettera autentica, probabilmente del 1316-17 ma poi manipolata, e di una parte esegetica scritta da uno dei primi commentatori danteschi: non a caso, sono numerose le somiglianze con la prima versione delle Expositiones di Guido da Pisa. Non dobbiamo pensare però a un falso come potremmo intenderlo adesso: forse chi creò l’epistola come noi la conosciamo voleva fornire l’‘autentica’ interpretazione del poema per un preciso scopo, ossia difendere il poeta dalle accuse di eresia che gli vennero rivolte in più occasioni a partire dalla fine degli anni Venti del Trecento.

 

Scheda 3 – La Monarchia è stata l’ultima opera di Dante?

Molti studiosi hanno considerato di recente la Monarchia scritta dopo il Paradiso in virtù di una frase che farebbe riferimento al suo quinto canto. Ma ora si sta cominciando a capire che quella frase è frutto di un travisamento del testo originale oppure è stata inserita da qualcuno che non era Dante, forse dopo la condanna al rogo della Monarchia nel 1328-29. Alcuni riferimenti interni invece fanno pensare che il testo sia stato scritto quando Arrigo VII era sceso in Italia per l’incoronazione, quindi intorno al 1311-12, quando la terza cantica non era nemmeno stata iniziata. La frase, esattamente “sicut in Paradiso Comedie iam dixi [‘come ho detto nel Paradiso della Commedia’]”, poteva forse servire a identificare l’autore quando l’opera doveva circolare anonima per la condanna, oppure, più banalmente, era una glossa di un commentatore, poi inserita per errore nel testo, come spesso capitava. Anche in questo caso un riferimento al titolo Commedia si rivela apocrifo.

 

Scheda 4 – Quando Dante ha divulgato il Paradiso?

Molti indizi fanno pensare che Dante non divulgò il Paradiso nella sua interezza se non fra coloro con cui era in contatto presso la corte ravennate. A Ravenna risiedette dal 1318-19 sino alla morte e nulla fa ipotizzare che abbia voluto far ritorno a Verona o abbia pensato di dedicare la terza cantica a Cangrande quando si trovava sotto la protezione di Guido Novello da Polenta. In ogni caso, i componimenti di vari autori in morte di Dante, scritti poco dopo il 14 settembre 1321, mostrano sempre i segni della conoscenza dell’Inferno e del Purgatorio ma quasi mai di quella del Paradiso. Una divulgazione ampia del poema completo cominciò solo postuma, grazie all’impegno dei figli di Dante: ma senza la sorveglianza diretta dell’autore, molti aspetti del testo forse non furono trasmessi in una versione perfetta. Quanto al titolo, in mancanza di uno definitivo, ben presto prevalse quello di Commedia o Comedìa. Ma nel Paradiso Dante defnisce la sua opera “poema sacro” o “sacrato poema”, e di certo questa sarebbe una definizione d’autore (non un titolo), che doveva sostituire quella usata nell’Inferno. Quando arriva a parlare di Dio, l’opera di Dante non può più essere solo una ‘comedìa’, ma diventa una ‘teodìa’ (cfr. Pd. XXV 73).

 

 

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