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1 luglio 2012

Di Alberto in: Proposte

La letteratura globale


Discussione del volume La letteratura globale di Giuliana Benvenuti e Remo Ceserani (il Mulino, 2012), proposta anche sul sito ClubDante.

 

I temi di fondo affrontati da Giuliana Benvenuti e Remo Ceserani nel loro ultimo saggio potrebbero essere riassunti in alcune, impegnative domande. Quali sono attualmente i limiti della nostra idea di letteratura? La convergenza tra lingua e letteratura nazionale ha ancora senso? E c’è la possibilità di affermare canoni in un momento di apertura non più solo multiculturale ma addirittura globale? Di sicuro, rispetto alla prospettiva di una Weltliteratur, la ‘letteratura mondiale’ proposta da Goethe e altri all’inizio dell’Ottocento, molti presupposti sono cambiati radicalmente: non si può più pensare che il valore dei classici selezionati dalle grandi nazioni europee sia ancora stabile e fisso, e che solo dal confronto con quei classici dipenda il valore di altri testi, per esempio i tanti fortunatissimi che ci sono venuti, già nel secondo Novecento, dagli altri continenti e specialmente dall’ambito cosiddetto postcoloniale. Si tratta di assumere una posizione flessibile rispetto alle molteplici sollecitazioni che ci vengono ormai da ogni parte del mondo.

Premesso questo, i vari capitoli di La letteratura nell’età globale espongono soprattutto i numerosi problemi tuttora in fase di discussione. Sono poste ben in evidenza le varie fasi che hanno portato dapprima a spingere gli studiosi della letteratura occidentale al confronto con le altre; poi, a partire dal rivoluzionario saggio Orientalismo (1978) di Edward Said, a sottolineare le forme anche implicite di sopraffazione con cui l’immagine stessa dell’Oriente (in senso ampio) è stata rielaborata secondo i parametri culturali dell’Occidente; e ancora più di recente, soprattutto dopo le provocazioni di Gayatri Spivak, a denunciare persino i limiti della comparazione fra letterature, se non si è disposti a mettere in gioco qualunque tipo di primato, di potere, di valore acquisito, per riuscire a entrare davvero in feconda simbiosi con l’altro. La letteratura viene perciò vista come uno dei possibili punti di confronto interculturale: dovrebbe quindi avvantaggiarsi di traduzioni che non vogliano ricondurre l’alterità alla normalità, e dovrebbe evitare di rinchiudersi nella roccaforte della testualità scissa dalla dimensione storica. Ciascuno di questi aspetti viene ben delineato nei cinque capitoli del libro: in particolare, l’ultimo è dedicato alle possibili ricadute didattiche, tenendo conto di quanto già è stato fatto negli Stati Uniti.

Certo, il fascino di queste aperture non può far dimenticare il timore di chi si trova davanti uno spazio sterminato, con il rischio di prendere sentieri che conducono a zone deserte. Per continuare con le metafore geografiche, da qualche decennio molto care anche ai critici letterari, è probabile che nel territorio della letteratura mondiale occorra che ognuno trovi innanzitutto la sua oasi, dove specchiarsi in un’acqua abbastanza tranquilla, da guardare bene in primo luogo allo scopo di riconoscersi. La letteratura nazionale, diceva già Leopardi, è dotata di un interesse particolare per chi appartiene alla cultura e alla società che la genera: e ora il concetto di nazione va rifondato, nella consapevolezza non della superiorità e della distinzione, ma delle potenzialità da individuare per riuscirle poi a condividere, fondere, ibridare con altre. Sono questi alcuni dei princìpi biologico-cognitivi che stanno alla base di ogni attività creativa e quindi anche delle varie letterature: scoprire tratti comuni in opere lontanissime per genesi può contribuire a far capire affinità impreviste, antropologiche e magari stilistiche. Ma bisogna partire da termini di confronto almeno ben delineati: per esempio, oggi leggere Dante in Italia non vuol dire chiudersi in una dimensione angusta, ma cercare di trovare i motivi forti della sua lunga durata, che lo ha portato a essere ormai un classico ‘globale’, al di là delle buffe polemiche sulla sua scorrettezza politica. E di certo, oltre a interrogarci ancora e in nuovi modi sull’italianità di Dante, dobbiamo chiederci perché scrittori di tutto il mondo, da Kenzaburo Oe a Derek Walcott (per non parlare di artisti visivi, registi, scienziati…), sentono la necessità di meditare sul suo poema e di farne una componente significativa delle loro opere.


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