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1 giugno 2012

Di Alberto in: Proposte

Romanzo di racconti?


Tre risposte a partire dal ‘romanzo di racconti’  Olive Kitteridge (2008) di Elizabeth Strout – tr. it. di Silvia Castoldi, Roma, Fazi, 2009

 

In che senso si parla di “romanzo in racconti” di fronte al libro Olive Kitteridge, uno dei
maggiori successi editoriali della Strout? Si tratta di un’etichetta
editoriale o di una chiave critica?

Valgono entrambe le componenti. Il bel libro della Strout in effetti è una raccolta di racconti, che vanno però a comporre un insieme più ampio, il cui fulcro si trova nelle vicende e nel punto di vista della protagonista. Parlare di “romanzo di racconti” non è quindi improprio, ma si immagina così che il lettore possa essere incuriosito, trovando nuova questa etichetta. In realtà, da un punto di vista critico si può dire che molte raccolte di racconti hanno avuto l’ambizione di comporre un quadro più ampio: lo stesso Decameron è concepito con questo scopo. Più di recente, un grande film come America oggi di Altman ha intrecciato vari racconti di Raymond Carver, mostrandone le consonanze di fondo e creando quindi un film di racconti. Se guardiamo la storia del romanzo, è sempre possibile trovare opere che si compongono di varie microstorie, oppure grandi cicli romanzeschi composti di singoli romanzi: pensiamo a Balzac o Zola, o anche al nostro Verga, che però si è fermato alla terza parte del suo ciclo dei Vinti. Quello che voglio dire è che la forma romanzo può accettare molte partizioni, ed è quindi possibile ora trovarla scissa in tanti piccoli racconti, che però mostrano fortemente le tracce di un’unità di fondo.

 

Andando oltre l’esempio della Strout, scrivere “romanzi in racconti” è
una nuova espressione di creatività viva e accolta anche dall’esperienza
editoriale italiana degli ultimi anni? Ci può fare qualche esempio?

Come accennavo, la forma del “romanzo di racconti” è una fra le tante possibili oggi: a parte Carver, in Italia vari testi di Antonio Pascale si possono leggere in questo modo e ora Gianni Celati sta scrivendo alcune serie di racconti riuniti sotto il titolo I costumi degli italiani. Una delle ragioni per cui adesso può piacere il “romanzo di racconti” è che questa tecnica espositiva consente una maggiore rapidità, componente ormai intrinseca al nostro vivere e anche al nostro tipo di consumo culturale. Ma naturalmente questa tipologia convive con tante altre, da quella del romanzo breve ma compatto sino al grande affresco di migliaia di pagine. In altre parole, non necessariamente un romanzo di racconti è più efficace di un altro tipo di narrazione romanzesca: di sicuro, per realizzarlo occorrono un progetto e la capacità di unire in maniera non banale storie in apparenza molto diverse, e insomma è importante l’organizzazione ben bilanciata delle varie componenti. Altrimenti, si rischia di ottenere solo una somma di addendi poco compatibili tra loro.

Che cos’è un romanzo per la letteratura italiana contemporanea?

La domanda dovrebbe essere ancora più radicale: che cos’è un romanzo oggi? In genere basiamo la nostra idea di romanzo sui grandi modelli ottocenteschi o al limite del primo Novecento: sappiamo che sono romanzi I promessi sposi, Madame Bovary, Guerra e pace e forse cogliamo, al di là delle evidenti differenze, un’aria di famiglia che ci permette di collegare queste opere. Ma già la Recherche di Proust s’inquadrerebbe meno bene in questa trafila, e le difficoltà aumenterebbero con testi sperimentali più o meno recenti, dalla Battaglia di Farsalo di Claude Simon alle opere di Thomas Pynchon, tanto per fare alcuni esempi celebri. Ci troviamo nella necessità di accettare come ‘romanzi’ testi molto eterogenei perché questa etichetta è comunque la migliore per la catalogazione e quindi per la commercializzazione. Ma da un punto di vista critico si cerca di distinguere tra romanzi privi di novità, basati su personaggi e intrecci banali prevedibili, come avviene oggi persino in molti polizieschi (genere peraltro dominante); e narrazioni più complesse e raffinate, che ci parlano non di casi in qualche misura eccezionali (i delitti, gli eventi catastrofici, ecc.), bensì della nostra quotidianità, che del resto comprende ormai componenti una volta impensabili, grazie soprattutto all’espansione reale-virtuale del web. Nelle Classifiche Dedalus, leggibili sul sito di pordenonelegge, abbiamo cercato di tener conto di questa varietà, inserendo molte opere di narrativa tra le “Altre scritture”, benché, magari, sulla loro copertina stia scritto ‘romanzo’. È una soluzione chiaramente provvisoria, però è importante segnalare al grande pubblico che sotto l’etichetta di romanzo, anche qui in Italia, sono compresi testi molto diversi. Leggere opere che adottano forme non ovvie per narrare il presente è un’attività molto importante ma purtroppo poco praticata. Eppure è da testi come questi che riusciamo ad avere un vero aumento della nostra conoscenza del mondo. Anche le scienze cognitive ci confermano che cambiare i modi di raccontare la realtà vuol dire capirla diversamente: e per fare questo, il romanzo ci serve ancora, in qualunque forma venga realizzato.

 

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