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1 aprile 2012

Di Alberto in: Discussioni

Assiomi, 2. Realismo e letteratura: questioni aperte


Questo testo fa parte di una serie di Assiomi che escono sul sito “Le parole e le cose”

 

  1. 1. Il realismo, in ogni ambito artistico e specificamente in quello letterario, è una condizione variabile, non uno stato permanente. Il grado di realismo attribuibile a un’opera si modifica nel tempo, sulla base dei nuovi contesti socio-culturali nei quali essa viene recepita.
  2. 2. Ciononostante, esistono caratteri fondativi che consentono di individuare un’idea di realismo allargato, ossia riconoscibile in una lunga durata, al di là della credibilità puntuale di quanto viene detto nell’opera: l’Odissea e la Commedia sono opere realistiche in questo senso.
  3. 3. Esistono poi molte forme di realismo ristretto, che sono definite dai limiti che, in una determinata epoca, gli esseri umani assegnano al loro concetto di realtà: Dante può credere che le sue visioni siano frutto di un’ispirazione divina e noi siamo tenuti a considerarle parti integranti della sua idea di ‘realtà’, così come siamo tenuti a ritenere che, per lui, Ulisse era un personaggio storico come Farinata o Ugolino.
  4. 4. Un problema che si pone all’interpretazione letteraria è: come si possono collegare i due tipi di realismo, ovvero come possiamo riconoscere che, per esempio, un nuovo romanzo non è solo una più o meno riuscita descrizione dello status quo, ma contiene elementi che permettono di ipotizzare una sua ri-leggibilità nella lunga durata?
  5. 5. Occorre innanzitutto riconsiderare che Aristotele, parlando della mimesis letteraria, notava che essa permette di passare dal particolare all’universale senza ricorrere a un’astrazione o a una generalizzazione di tipo logico. L’atteggiamento mimetico, cioè, risulta intuibile perché corrisponde ad alcuni presupposti profondi del rapporto fra essere umano e mondo esterno – ma, su un altro piano, la questione non cambia se il mondo è quello dell’interiorità individuale, in cui viene rielaborato costantemente il nesso interno-esterno.
  6. 6. Nell’epoca classica, i limiti della rappresentabilità del mondo erano sanciti dal verosimile sul piano dei contenuti, e dalla retorica su quello delle forme. Tuttavia, sebbene in linea teorica valga sempre la priorità della separazione degli stili, di fatto le opere che consideriamo ancora degne di un interesse non meramente filologico-documentario escono da quei vincoli, creando addensamenti di senso che si concretizzano in stili già definibili come propri dell’autore. L’energia delle metafore dantesche, definibile in modo analitico (ma diversamente orientata nelle tre cantiche, con un movimento ascendente che parte dalla comedìa per arrivare alla teodìa), è un tratto specificamente stilistico e non retorico: ed è proprio uno di quelli decisivi per garantire la ri-leggibilità dell’opera.
  7. 7. Nell’epoca moderna, dopo la svolta romantica, il realismo viene collegato al rifiuto progressivo degli aspetti fantastici in senso ampio. Ma questa posizione dicotomica impedisce di cogliere la necessità di un’interazione fra conscio e inconscio, noto e ignoto, eventi storici e loro ricadute nell’immaginario individuale e collettivo, per poter giungere a una rappresentazione di ‘realismo allargato’ all’altezza dei tempi: i tempi in cui il rapporto uomo-mondo esterno è stato mediato da filtri sempre più onnipresenti, e in particolare dalla tecnologia e ora dal virtuale, che generano stati né veri né falsi, ma per più di un aspetto ‘realistici’.
  8. 8. Dopo l’ultima grande summa della cultura occidentale, il Faust, persino le più importanti opere-mondo sono venute a costituire metonimie di una realtà dai confini sempre più dilatati, in cui racconto degli eventi e analisi interiore potevano, a distanza di pochi anni, essere risolti come in Guerra e pace o come in Ulisse, come nella Recherche o come nel Doktor Faustus. Nella nostra idea di realismo non possiamo considerare, a priori, una di queste opere più rappresentativa delle altre.
  9. 9. Lo sforzo della critica dovrebbe allora essere quello di costruire nuovi paradigmi interpretativi che riguardino l’intero movimento della modernità, dall’avvio delle rivoluzioni contro tutte le forme dell’antico-monumentale sino all’oggi; i parametri da adottare dovrebbero essere in senso lato stilistici, gli unici che consentano la costruzione di un ‘circolo ermeneutico’ non autoreferenziale, permettendo di collegare la fase dell’inventio individuale con l’orizzonte di attesa del pubblico di una determinata epoca.

10. È nello stile, quindi, che si sostanzia la mediazione simbolica della percezione della realtà. Non è più sufficiente considerarlo come un mero scarto da un’ipotetica norma linguistica, e invece ne vanno colte le potenzialità attrattivo-cognitive, che legano indissolubilmente una sostanza del contenuto a una forma dell’espressione. Non è necessario che emergano tratti di sperimentalismo o di eversione: il nuovo, dopo l’epoca del postmodernismo, ci può giungere in infiniti modi.

11. Dalla lettura di un’opera autenticamente realistica siamo spinti a reinterpretare i paradigmi attraverso cui siamo abituati a valutare i nessi io-mondo, a tutti i livelli. Underworld è un romanzo realistico perché ci costringe a riconoscere le regioni dell’ignoto e del mitologico che sussistono nella civiltà del capitalismo avanzato, là dove il governo dei desideri ha sostituito l’utopia. È un’allegoria complessa che si vale di vaste aree di realismo ristretto ma punta a un realismo allargato e superiore: in questo senso, pone in discussione continuamente il nostro credere alla realtà come dato fattuale.

12. Il realismo allargato crea qualia, rappresentazioni qualitative della realtà, che possono coinvolgere aspetti della biologia umana non ancora razionalizzati. Esso si attua in forme diverse, ma stilisticamente riconoscibili. Non dipende dal quantitativo di realismi ristretti che è in grado di inglobare. Non può fondarsi solo su una potenzialità dell’inventio: la pura e semplice descrizione di un evento o, viceversa, la creazione fantasy di un mondo unicamente derivato dai desideri non danno luogo a un testo dotato di un realismo allargato (semmai, possono essere oggetto di una misinterpretazione allegorica).

13. Nel nostro presente, categorie valutative del realismo delle opere letterarie sono quelle di (in)esperienza, trauma, impegno e altre simili, prevalentemente contenutistiche. Occorre al più presto una nuova riflessione per ricondurle a un ambito ermeneutico più generale, che tenga conto delle nuove acquisizioni cognitive sia nell’ambito stilistico sia in quello della rappresentazione larga della realtà.

 

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