Il presente della letteratura
Questa riflessione è pensata soprattutto per gli insegnanti delle scuole superiori che vogliano affrontare, per esempio in un laboratorio trimestrale, alcuni aspetti della letteratura italiana e internazionale contemporanea. Numerose analisi verranno offerte qui tra i materiali e saranno disponibili nel manuale di storia della letteratura TAG (Laterza editore).
L’eclettismo è il grado zero della cultura generale contemporanea: si ascolta il reggae, si guardano i western, si pranza da McDonald e si cena con la cucina locale, si usano profumi francesi a Tokio, ci si veste rétro a Hong Kong, la conoscenza è oggetto di quiz televisivi (da un intervento sul postmoderno di Jean-François Lyotard, in “Alfabeta”, 32, 1982, p. 10)
Il passo citato dello studioso e filosofo francese Jean-François Lyotard (1924-1998) risale ai primi anni Ottanta, ma potrebbe essere facilmente adattato alla situazione odierna, da molti considerata pienamente post-moderna: anche oggi domina l’eclettismo nelle possibili scelte culturali, e il pubblico medio non trova nessuna difficoltà nel passare da una soap-opera televisiva a un film di successo a un bestseller così come da un ristorante a un altro, da una discoteca a un’altra ecc. In generale, la letteratura, in quanto espressione privilegiata di archetipi, miti e temi, sul versante dei contenuti, e di generi e forme, sul versante dell’elaborazione linguistico-stilistica, appare oggi affiancata, se non proprio superata, da altre modalità artistiche, a cominciare da quelle visive. La stessa creatività formale, in maniere diverse accettata e ribadita non solo nel periodo classico, ma anche in quello romantico e avanguardistico, è oggi considerata se non proprio inutile quanto meno non indispensabile, data la possibilità di accogliere qualsiasi stile del passato e la proclamata mancanza di volontà di ‘superare’ il passato stesso.
In sostanza, molti vedono nella letteratura (scritta) una sorta di forma artistica ormai arcaica, facilmente sostituibile con le sue traduzioni cinematografico-televisive (per quanto riguarda la narrazione), o con i testi per musica (per la poesia). Si fa poi sempre più strada la possibilità di creare forme miste – scrittura, immagini e suoni – grazie alle potenzialità degli ipertesti, nonché quelle di internet, dove fioriscono siti per la creazione di testi multimediali, anche a più mani. Questi ultimi (iper)testi spesso manifestano una spinta creativa più forte di quelli solamente scritti, e in molti casi rappresentano fenomeni di rottura, magari non solo artistica, ma anche socio-politica (benché difficilmente i vari movimenti no-global o comunque contrari al sistema capitalistico attuale possano essere artefici di precise tendenze artistiche).
Di fronte alla perdita di potenzialità della letteratura sia in quanto elaborazione formale, sia in quanto gesto eversivo (tendenze queste complanari a quelle che vedono un progressivo inaridirsi dell’avanguardia tanto artistica quanto politica), il ricorso ad altre forme di narrazione e di poesia potrebbe sembrare inevitabile. Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta si sono rivelati numerosi nuovi scrittori di notevole interesse, che hanno spesso mirato a realizzare opere che da un lato riprendono modalità letterarie tradizionali in ambiti inediti (per esempio, l’epica in rapporto alla storia vista non solo dal punto di vista dei colonizzatori occidentali, ma anche dei popoli colonizzati: esemplare in questo senso il poema Omeros – 1990 – dello scrittore delle Antille Derek Walcott); dall’altro, approfondiscono i grandi temi politici, morali, ecologici della contemporaneità in modi a volte contrastanti con la pura visività dei grandi mass-media (si può citare il romanzo enciclopedico Underworld – 1997 – dello scrittore statunitense Don DeLillo).
Anche la letteratura italiana ha dato prova di una buona vitalità negli ultimi venti-venticinque anni. Non sempre i risultati sono stati duraturi, e comunque la logica della nuova editoria è sempre più strettamente basata su successi ampi ma brevi (un meccanismo che si è affermato pure nel cinema hollywoodiano, che passa i ‘divi’ nel dimenticatoio nel giro di pochi anni). Tuttavia, la possibilità di seguire varie correnti e di dare spazio a scrittori nuovi è stata alta. Ciò è molto evidente nella narrativa, in cui si distinguono abbastanza nettamente scrittori delle generazioni nate nella prima metà del Novecento, spesso ancora legati a modelli ‘umanistici’, e quelli delle generazioni dal boom economico in poi, molto più sensibili all’esigenza di un linguaggio non paludato, addirittura gergale (tipico dell’arcipelago della letteratura giovanile), al montaggio veloce delle sequenze, alla traducibilità (anche filmico-televisiva). Vari critici sostengono che in effetti le scritture migliori sono state proposte dai saggisti e non dai romanzieri: tuttavia sia dai narratori più anziani sia dai più giovani sono venute almeno alcune opere significative, anche per un’interpretazione non scontata della storia e dell’ethos italiani.
Quanto alla poesia, la distinzione fra moderno e postmoderno risulta più difficile, persino quando si riscontra un esplicito riuso di forme metriche tradizionali. Infatti, molti poeti hanno nello stesso tempo impiegato forme canoniche e incluso stilemi e tratti linguistici propri dei mass media, creando a volte forti contrasti (certo non avanguardistici, ma a loro modo sperimentali), che demistificano il linguaggio corrente molto più di quanto non facciano sottili analisi specialistiche. Ma sia che si segua la grande via del simbolismo-orfismo-surrealismo, sia che si punti a una liricità più classica, la poesia italiana ha proposto notevoli prove soprattutto quando si è tornati a parlare di temi ormai difficilmente affrontabili nelle discipline specialistiche, per esempio quelli dell’interpretazione della natura o del cosmo (e non è un caso che molti scienziati si affidino ormai alla poesia – o anche alla narrativa – per esprimere una loro idea unitaria, e non solo settoriale, riguardo alla realtà in tutti i suoi aspetti).