Ancora sulla critica e il giudizio di valore – Assiomi 1
Premessa
Ritengo che l’argomentazione, nella comunicazione in rete, sia spesso inutile, non in sé (ovviamente), ma per la scarsa possibilità di seguire lunghi dibattiti consecutivi senza perdere snodi o tasselli importanti.
Proverò quindi a esporre brevi riflessioni di tipo assiomatico, che sintetizzano una concezione più ampia della letteratura e del suo ruolo non solo nel campo di forze culturali contemporaneo, ma anche in una prospettiva biologico-cognitiva, ancora sottostante alle forme di creatività artistica (e non solo).
Lo scopo è quello di porre in evidenza aspetti fondamentali del sistema letterario attuale, senza evitare di confrontarsi con dati di fatto persino ovvi ma spesso, proprio per questo, non vagliati a sufficienza. Da queste analisi dovrebbero derivare non solo discussioni ma anche concrete scelte per operare progressive modifiche nel sistema stesso.
La critica e il giudizio di valore
1. La critica artistica in genere e letteraria in particolare viene fondata, nella forma attuale, tra la fine del Sette e l’inizio dell’Ottocento. In quel momento, l’adeguarsi di un autore a poetiche normative, di tipo classicistico o meno, non è più scontato, e il ruolo del critico diventa decisivo per sancire il valore di una nuova opera.
2. Nel corso dell’Ottocento, il critico assume una funzione sempre più essenziale nello stabilire non solo valori puntuali, ma anche duraturi. La sua posizione si carica di un eccezionale prestigio dovuto all’influenza dei giudizi espressi: esemplare il caso di Sainte-Beuve, che proprio per la sua autorità dominante deve essere reinterpretato e smitizzato da Proust per potersi aprire uno spazio letterario ‘valutabile’ in modi nuovi.
3. In questa condizione, la bipartizione letteratura alta/letteratura di consumo era ovvia, così come era ovvio che la vendita di un notevole numero di copie non significava niente dal punto di vista del valore da attribuire all’opera. Ciò, in linea di principio, è vero perennemente.
4. Dopo la fine della fase più alta del modernismo, la mescolanza di alto e basso si è fatta in apparenza costante. Il tramite è stato lo sviluppo del pop, che ha coinvolto parallelamente, negli anni Sessanta, artisti considerati di alto valore e altri invece votati alla logica dell’industria culturale. Quest’ultima aveva e ha ogni interesse a favorire l’allargamento di questa mescolanza, per garantirsi fasce di lettori o fruitori sempre più ampie.
5. Il ruolo del critico si è evoluto in modi assai diversi nei vari settori artistici. Nell’ambito della pittura, per esempio, è ancora decisivo, perché la possibilità di attribuire un valore è sostanzialmente ristretta al circuito gallerie-mostre-critica-aste. Dall’assegnazione del valore da parte di questo circuito molto ristretto ed elitario dipende la fortuna o la sfortuna di un’opera e in genere dei giovani artisti. Spesso le ragioni delle scelte sfuggono agli utenti anche colti, ma non inseriti nel circuito di cui sopra.
6. Nell’ambito della musica e della letteratura, il successo di pubblico è invece assai più importante che non il giudizio degli esperti. Si tratta di prodotti di scarso costo unitario, che quindi devono essere venduti in quantitativi elevati per poter risultare redditizi. Ogni sforzo dei produttori e degli editori è volto a massimizzare le vendite, secondo una logica tipica del sistema capitalistico contemporaneo, che tende a creare agglomerati sempre più ampi e visibili per la loro massa critica. La visibilità (diretta e indiretta) indubbiamente favorisce le vendite per l’effetto della tendenza all’imitazione e all’omologazione, forte in ogni società larga. Correttivi a questa logica, come quelli segnalati da Schiffrin, sono per ora del tutto minoritari e periferici.
7. In tale contesto, il critico letterario non può svolgere solo il ruolo di ‘individuatore di valori’: l’opinione del recensore, anche prestigioso, o quella del docente, non solo erudito, contano come una delle tante e sono spesso equiparate, se non subordinate, a quelle dei personaggi massmediatici più in vista. Nella logica di cui al punto (6), questo è del tutto scontato. Purtroppo, senza un progetto di cambiamento, ogni tentativo di singoli intellettuali (o anche di gruppi a sé stanti) di proporre modelli alternativi risulta solo velleitario.
8. Eppure il giudizio di valore, troppo spesso obliterato nelle ricerche critiche degli ultimi cinquant’anni, risulta ancora discriminante per poter considerare il ruolo della critica come significativo. Si pongono perciò alcuni problemi fondamentali, da affrontare attraverso la costruzione di una ‘comunità critica’ rappresentativa di voci di singoli esperti, ma anche di gruppi coesi di lettori e di operatori nel campo dell’editoria di qualità.
9. Il primo obiettivo è la costituzione di un canone davvero condiviso della letteratura italiana del secolo scorso. I dibattiti in questo senso sono stati numerosi, e possono essere recuperati, ma devono sfociare in una difesa di autori o, più plausibilmente, singole opere decisive nello sviluppo letterario e culturale del Novecento.
10. Questa riflessione deve essere portata soprattutto nei luoghi dove si forma la capacità di lettura non passiva delle opere, ovvero le scuole superiori. Occorre ribadire in tutte le sedi deputate che il non affrontare con ampiezza almeno gli autori e le opere più importanti sino agli anni Sessanta e Settanta del XX secolo crea, fra i nostri diplomati (e spesso anche fra i laureati in materie umanistiche) una sfasatura nei gusti, nelle competenze, nell’interesse per la letteratura attuale.
11. Occorre poi rafforzare in tutti i modi le iniziative che mirano a sostenere non singole poetiche ma un’ampia e ben discussa assegnazione di valori. Occorre pensare a un forum annuale in cui si confrontino le varie anime culturali della rete, gli organizzatori di iniziative specifiche attraverso centri culturali nazionali (compresi giornali, radio e televisione ecc.), i promotori di nuove sperimentazioni, per es. nel territorio tra cultura scritta e visuale, ecc.
12. Un’iniziativa di questo tipo si dovrebbe opporre sia all’attuale iperframmentazione degli spazi letterari alternativi a quelli gestiti dalle majors dell’editoria e della distribuzione, sia alla logica di alcuni festival e di molte ‘classifiche’, onnicomprensiva ed evenemenziale, e non selettiva e durativa.
13. Non si tratterà invece di cercare nuovi paradigmi estetici, che attualmente risultano non sancibili, vista la relativizzazione massima dei fondamenti culturali in senso geospecifico da un lato, e globalizzante dall’altro. Da questo punto di vista, la logica uniformante del postmodernismo degli anni Sessanta-Ottanta sembra corrispondere ancora in pieno allo spirito dei tempi.
14. Se però si riuscirà a collegare le nuove modalità di giudizio di valore a parametri trasversali e transculturali, come la compiutezza stilistica e la valenza cognitiva non scontata che l’opera manifesta, sarà in futuro possibile ricreare una prassi valutativa che porti a distinguere le opere che sono in grado di aspirare a una lunga durata da quelle unicamente ripetitive del già noto.
15. Anche in Italia dovrà diventare possibile rendere evidente a chiunque l’abisso che separa Vita e destino o Le benevole o, seppure a un gradino più basso, Il partigiano Johnny da un qualunque racconto di “dolori del giovane” o di “egotismi aggressivi” o di “quêtes paranoiche”, cui spesso si riducono, da un punto di vista cognitivo, buona parte dei nostri romanzi (ma, con le opportune variazioni, il discorso varrebbe anche per gran parte della produzione lirica).